Archivi categoria: Pillole di Psicologia

Relazioni affettive: io contro di te o noi contro il problema?

Ho letto il contenuto di una collega che mi ha mosso queste riflessioni sulle relazioni affettive.

Approfitto per salutarti @sabrina_ciccarelli_psicologa

Non riuscire a disinnescare: parlava di conflitto di coppia ma non solo e di quanto oggi nessuno disinneschi per portare avanti a spada tratta il torto e la ragione.

Ma questo non permette alla relazione di creare ma invece di distruggere.

La frase che mi ha smosso questo spunto è questa: nella tua relazione e intendo qualunque relazione affettiva spostati da “tu contro di lui” o “tu contro di lei” a “voi contro il problema”.

Questa prospettiva fa tutta la differenza.

“Io contro di te” genera escalation e allontana!

“Noi contro il problema” genera intimità, reciprocità, alleanza e relazione.

In questa dimensione si riscopre il perché si desidera andare in una certa direzione.

Quale posizione mantieni nelle relazioni?

Dimmi la tua nei commenti.

Se ti piace la Psicologia ti invito gentilmente ad iscriverti al canale Instagram e Youtube
👇
@psicoexplorer

Individualità nella relazione di coppia

Stai con una persona per quello che provi o per quello che l’altro ti dice di provare?

Sposta il focus su di te per non perderti nella relazione di coppia!

Coltivi la tua individualità?
O sacrifichi tutto per la relazione?

Pensa a quell’amico o quell’amica che una volta impegnato scompare.

Non lo vedi più!

O ancora ai sogni che una persona coltiva e che trovano sempre meno spazio una volta ingaggiati nella relazione affettiva.

Ma siamo sicuri che una relazione debba necessariamente eliminare la tua individualità?

Relazione significa reciprocità e condivisione è vero.

Occorre negoziare!

Ma non metterti da parte, mai!

Altrimenti il rischio sarà quello di perderti e coglierti nell’altro.

E questo alla fin fine ti farà soffrire.

Difendi la tua individualità nella coppia?

Il rimuginio cambia il senso

Quando rimugini tendi a estrapolare un frammento di esperienza decontestualizzata e inizi a creare una sovrastruttura che darà luogo ad un vero e proprio albero delle possibilità.

Se…

Ma…

Quindi…

Un loop senza fine perché viene meno il contesto.

Quel frammento di esperienza (un comportamento inadeguato?) potrà cambiare valore in base al contesto in cui è avvenuto.

Se faccio una seduta in costume da bagno è un problema.

Ma al mare in vacanza il costume sarà adeguato.

Ogni volta che rimugini ti decentri dal contesto e perdi il significato.

Senza contesto tutto cambia forma, sembianza, senso.

Occhio quindi al giudice interiore 👁️

Questo tirerà le somme e ti giudicherà come adeguatə o inadeguatə sulla base di un significato decontestualizzato.

Quindi?

Fidati dell’esperienza!

Se quello che hai vissuto è stato bello e il tuo interlocutore era a suo agio allora è andato tutto bene.

Rimuginare ex post ti porterà a criticarti per quel tuo comportamento decontestualizzato e cambierà totalmente senso.

Il contesto serve per comprendere.

E per significare una storia.

Senza contesto il senso viene meno: anche per una storia di vita.

Tendi a rimuginare decontestualizzando tutto?

Dimmi cosa ne pensi.

Se ti piace la Psicologia ti invito gentilmente ad iscriverti al canale
👇
@psicoexplorer

#psicologia#psicoterapia#psicologo#psicologoonline#psicologomilano#milano#crescitapersonale#benessere#saluteebenessere#vita#cambiamento#futuro#abitudini#psicologiapositiva#sviluppopersonale#psicoterapiaonline#psicoexplorer#psicoterapeuta#emozioni#cambiare#psicologia#cambiamento#psicoterapia
#crescitapersonale#benessere#respiro#coraggio

Motivazione e Psicologia: posso essere davvero sempre al top? Essere il numero 1?

Quante volte ti è capitato di perdere la concentrazione, distrarti e magari giudicarti negativamente perché ti sei raccontato come poco motivato o motivata?

Ma siamo sicuri che la motivazione sia un fenomeno lineare?
Che se appena appena non aderirai a ciò che devi fare o ancora se ti concederai un pizzico di pigrizia allora non ci tieni davvero?

Te lo chiedo dopo una profonda riflessione condivisa in seduta online con un mio paziente.

Abbiamo parlato di questo e l’aspettativa in partenza era proprio di non poter mollare mai il colpo sentendosi altrimenti poco motivato.

La motivazione può davvero essere priva di cali di rendimento? O di voglia? Significa sapere sempre ciò che si vuole e dove andare? Essere sempre al top?

La risposta è no!
La maggior parte delle volte non sappiamo che direzione prendere o ancora potremo essere motivati anche agendo sotto soglia rispetto al nostro canone ideale che è appunto idealizzato. E potremo addirittura commettere errori!

La maggior parte delle persone non agisce per la paura di sbagliare.

Puoi sbagliare, puoi procrastinare o ancora scegliere di guardare una puntata su Netflix senza che questo significhi non tenerci abbastanza.

Anzi spesso crolliamo proprio quando ci raccontiamo come poco motivati perché in un paio di occasioni “non avevamo voglia”.

La motivazione ha una componente intrinseca (che spinge da dentro) ed estrinseca (per un rinforzo esterno tipo un premio).
Ciò nonostante questo processo non è lineare e non è omogeneo.

La motivazione spara alto e poi cala: brucia in fretta come una miccia. Poi potrà sparare ancora e ancora ma affinché questo accada è necessaria un’altra dimensione: la disciplina.

Disciplinare quegli intervalli nei quali la motivazione cala e non giudicarsi negativamente per questo ci permetterà di passare da un intervallo all’altro.

Non c’è motivazione senza disciplina.
La motivazione è un moto oscillatorio che va su e giù.

Accettalo! E il tuo rapporto con la procrastinazione diverrà accettabile.

Puoi approfondire altri contenuti qui https://bit.ly/3ccmKbG

Relazioni Tossiche nel 2021: come riconoscerle?

Perché la vittima di quelle che si definiscono relazioni tossiche o di un comportamento violento di una persona che professa amore nei suoi riguardi continua a restare dentro quella dinamica relazionale senza andarsene?


La risposta banale orientata alla relazione causa effetto è in questo caso molto limitante.

E’ vero che il buon senso ci porterebbe ad affermare “beh, se lui o lei ti trattano male, semplicemente allontanalo!”, eppure i fattori emotivi e psicologici connessi a questa dinamica sono molto molto delicati. Per questo le chiamano relazioni tossiche.

Partiamo anche da un presupposto essenziale: quelle che si definiscono come relazioni tossiche (e a tutti gli effetti è un modo di dire per evidenziare uno sbilanciamento nella coppia) non nascono come tali ma lo diventano.

La relazione funziona tuttavia gradualmente le funzioni affettive perdono quell’equilibrio o ancora non riescono a completarne la configurazione e quindi questo sbilanciamento inizia a generare sofferenza in uno o in entrambi i partner. Ecco come le relazioni diventano relazioni tossiche.


Cosa succede nella vittima? Perché, spesso, anche ricevendo insulti, botte, umiliazioni e denigrazioni questa continua a restare mano nella mano con il suo partner aguzzino?


Oppure immaginiamo una figlia abusata dal padre nel clima connivente della propria famiglia: perché lei permette a quello stesso padre di accompagnarla all’altare nel giorno del suo matrimonio? Dovrebbe essere ferita, arrabbiata, furiosa, vendicativa e invece no, tutto sembra accadere normalmente, come se niente le fosse successo.


La risposta, come avrai inteso, non è univoca e le variabili in gioco sono moltissime: il sé e l’identità personale sono spesso danneggiati da una gamma di emozioni quali colpa, paura per le conseguenze su altre figure familiari, dipendenza affettiva o economica, la speranza che il partner o la figura abusante possa cambiare tornando ad incarnare quel valore ideale del principe azzurro, un valore misericordioso verso il prossimo che implica un tema di accudimento (senza di me lui non può farcela).

O ancora il desiderio è quello di cambiare o salvare il partner con l’intento di modificarlo o ancora di essere proprio l’elemento che può generare in lui o in lei cambiamento.

Ma noi non possiamo mai cambiare gli altri. Noi possiamo intervenire sul nostro modo di relazionarci con gli altri. E quando il vissuto genera continuamente dolore allora diventa importante interrogarci su cosa quella relazione ci stia dando.


Spesso i sentimenti della vittima verso il proprio aguzzino sono profondamente ambivalenti: si prova amore per un padre abusante, ma anche disprezzo e questa battaglia emotiva guidata dal contraddittorio renderà molto molto difficile per la vittima demarcarsi dal suo aguzzino.


In alcuni casi può manifestarsi una vera e propria Sindrome di Stoccolma tra la vittima e l’aguzzino, quindi la vittima vivrà in uno stato di dipendenza psicoaffettiva e mostrerà un sentimento positivo verso l’aggressore fino a diventarne complice sottomessa e si instaurerà una vera e propria relazione di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice.

Una donna su tre dichiara di aver subito violenza nel corso della sua vita ma solo il 12% è arrivata a denunciare. Solo una donna su due all’interno delle relazioni tossiche si stacca dal partner aguzzino entro otto anni.


I fattori come la paura di reazioni disastrose del partner come l’omicidio, lo stalking, la presenza di figli e uno stato di dipendenza economica sembrano i fattori principali che mantengono in essere queste relazioni tossiche.

Inoltre anche una specie di visione di sé come figura salvifica dell’altro porta ad una specie di missione ostinata perché l’altro possa cambiare in uno stato di totale negazione della violenza subita.


Uscire dalle relazioni tossiche si può! Se sei intrappolata in questo tipo di relazione chiedi aiuto ad uno Psicologo o chiama il numero rosa 1522 perché puoi tornare a respirare con i giusti strumenti e validando finalmente i tuoi bisogni, partendo da te e dalle tue risorse.

Puoi approfondire qui altri contenuti https://bit.ly/3F6vQmK

Dipendenza Affettiva: la psicoterapia ti può aiutare

Quando la tua felicità e la tua realizzazione personale vengono affidate e delegate all’altro, ecco che possiamo parlare di dipendenza affettiva.

Se noi inizieremo a vivere solo per l’altro con l’obiettivo di soddisfare i suoi bisogni il senso di noi stessi verrà meno e la nostra identità, polarizzata all’estremo sull’alterità, perderà la capacità di auto alimentarsi, mantenersi in termini più autoreferenziali e il senso di stabilità personale ci darà rimandi di adeguatezza o no sulla base dell’altro.

Alla luce delle dinamiche sopra descritte la domanda “hai paura di rimanere da solo/a?” assumerà un senso molto orientato affettivamente. In qualche modo, complici le proprie insicurezze e un basso senso di autoefficacia, il dipendente affettivo perderà quasi il senso dell’esistenza senza un’alterità significativa che sarà fonte di stabilità e definizione di sé.

La dipendenza affettiva si traduce quindi nella delega all’altro del controllo sulle proprie emozioni.

I segnali di dipendenza affettiva all’interno della dinamica relazionale possono essere: perdita del senso di sé, esclusione dei propri bisogni emotivi centrandosi sul soddisfacimento di quelli dell’altro, visione del partner come estensione di sé, bassa autostima e paura della solitudine, difficoltà di fiducia, sentimenti di non essere meritevoli d’amore e felicità, idealizzazione del partner, gelosia.

La psicoterapia e un lavoro attivo e responsabilizzato su di sé possono portare benefici significativi.
Si ricomincia da sé e dalle proprie risorse e autonomie.

Con la Psicoterapia è possibile rinascere!

Puoi approfondire altri contenuti qui https://bit.ly/3CeNuTA

Effetto Pigmalione: la profezia che si auto avvera. 6 un voto?

Oggi voglio parlarti dell’effetto psicologico denominato “effetto Pigmalione”. Lo conosci?
È un po’ la profezia che si autoavvera.
Ma niente di magico! Infatti è stato dimostrato scientificamente da anni di ricerche.

L’effetto Pigmalione è noto anche con il nome di “effetto Rosenthal”.

È stato studiato e dimostrato nel contesto didattico.
In sostanza se un insegnante ha delle convinzioni di partenza a priori sulla bravura del proprio studente tale credenza influenzerà l’andamento scolastico dello studente.

Alla faccia del mantra “non avere pregiudizi”.

Se gli insegnanti pensano che un bambino sia poco dotato lo tratteranno come tale inconsciamente in modo differente rispetto agli altri.

In sostanza possiamo definire tale effetto così: i risultati di una persona vengono influenzati da chi la circonda.

E questo vale per ogni contesto di vita!

Insomma le aspettative proprie e altrui possono tradursi in realtà proprio grazie alla profezia che si autorealizza.

Non si tratta del pensiero positivo o della legge dell’attrazione ma dei risultati di uno dei più famosi studi psicologici di 50 anni fa condotto dallo sperimentatore Rosenthal.

Pensa che se un insegnante ha delle convinzioni propositive su uno studente scarsamente dotato egli arriverà ad avere risultati straordinari.

Pensa al potere di questo effetto psicologico e come possiamo toccarlo con mano in ogni area di vita: professionale, affettiva e via dicendo.

Questo vale anche in Psicoterapia!

Se il terapeuta ha delle convinzioni a priori sul paziente (non dovrebbe capitare poiché siamo formati apposta per metterle da parte) questo potrà di per sè avere un effetto enorme sui fattori predittivi dell’efficacia di un percorso.

Tutti siamo condizionati dall’effetto Pigmalione e quindi è bene prenderne atto e sfruttarlo a nostro vantaggio!

Puoi approfondire altri contenuti qui https://bit.ly/3qyq7lC

Caffè della gioventù perduta

“Nel mezzo del cammin della vera vita, eravamo circondati da una malinconia oscura, che tante parole tristi e beffarde hanno espresso, nel caffè della gioventù perduta” (Guy Debord)

Citazione tratta dall’omonimo libro del Nobel per la letteratura Modiano.

Il caffè della gioventù perduta parla d’altro in realtà: di un bar e di tante persone che l’hanno frequentato. Di una figura che aveva l’obiettivo di annotare tutti i nomi di coloro i quali passavano a “Le Condè” a caccia di punti fermi a Parigi. L’attenzione si sposta poi su Louki una donna misteriosa descritta dagli occhi di 4 persone secondo 4 diversi punti di vista.

Perché questa premessa?

Perché oggi spesso ci sentiamo persi nell’assenza di riferimenti solidi. Questo genera un senso di vuoto e confusione su quanto proviamo e rispetto all’altro.

Citando Recalcati, banalizzando, non esiste “Io” senza “Altro”.
Infatti se ti chiedo di parlarmi di te tu mi parlerai d’altro (famiglia, amici, lavoro).

Siamo il continuo compromesso tra noi e l’altro.
Ma a volta qualcosa si blocca.
Vengono meno i punti fermi ed i riferimenti.
Lo sguardo anziché generare speranza e movimento prospettico si volge all’indietro e si tocca con mano la malinconia.

Tale malinconia è essa stessa la vita.
La vita è amore e perdita.
Nel caffè della gioventù perduta annotiamo i nomi dei passanti (De Andrè), di chi ci ha fatto compagnia solo per un istante e oggi non c’è più perché semplicemente ha preso un sentiero diverso dal nostro.

Questo apre alla dimensione del dolore ma è essenziale imparare a conviverci e passeggiarci a braccetto.

Perché la gioventù perduta può essere una maturità ritrovata: “ l’avere ancora da essere”.

Libido e Destrudo

Il termine latino “libido” o “desiderio” ha diverse accezioni in Psicanalisi: per Freud è quella spinta di energia vitale che rappresenta la pulsione sessuale che sarà investita verso se stessi o un oggetto esterno.

Ma perché te ne voglio parlare?

Vedi, ci sono momenti della vita in cui ci si butta più sul lavoro, altri dove investiamo maggiormente sulle relazioni e altri ancora dove disinvestiamo da tutto (Destrudo).

Vi ricordate la danza di Eros (vita) e Thanatos (morte)?
Ecco queste sono le fondamenta.

Se ci pensi ha senso. Usciamo per un momento dal piano simbolico: l’identità ha bisogno di nutrimento esperienziale, di progettualità.
Possiamo dare questo nutrimento partendo dal piano intimo, da quello professionale o ancora affettivo relazionale.

La libido si sposta e viene da noi investita in un’area o nell’altra in base a come ci sentiamo e dove c’è maggior movimento di vita.
Questo spostamento non sempre è intenzionale e spesso è inconscio.

Hai presente quando iperperformi sul lavoro?
O quando ti butti unicamente sulle relazioni fino a creare meccanismi di dipendenza?

Altre volte andiamo via da tutto: l’isolamento.
O ancora spostiamo l’investimento su oggetti meno faticosi e più facilmente accessibili come le sostanze (anche il cibo è una sostanza).

Insomma noi abbiamo bisogno di avere da essere e di trovare una bussola progettuale che ci orienti indipendentemente che realizzeremo o meno quel progetto.
Se proviamo ad agire direttamente potremo sublimare e dare una forma all’esperienza.
Se eviteremo il dolore la libido attuerà inconsciamente il suo spostamento e potremo incontrare anche modi emotivamente faticosi.