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Motivazione e Psicologia: posso essere davvero sempre al top? Essere il numero 1?

Quante volte ti è capitato di perdere la concentrazione, distrarti e magari giudicarti negativamente perché ti sei raccontato come poco motivato o motivata?

Ma siamo sicuri che la motivazione sia un fenomeno lineare?
Che se appena appena non aderirai a ciò che devi fare o ancora se ti concederai un pizzico di pigrizia allora non ci tieni davvero?

Te lo chiedo dopo una profonda riflessione condivisa in seduta online con un mio paziente.

Abbiamo parlato di questo e l’aspettativa in partenza era proprio di non poter mollare mai il colpo sentendosi altrimenti poco motivato.

La motivazione può davvero essere priva di cali di rendimento? O di voglia? Significa sapere sempre ciò che si vuole e dove andare? Essere sempre al top?

La risposta è no!
La maggior parte delle volte non sappiamo che direzione prendere o ancora potremo essere motivati anche agendo sotto soglia rispetto al nostro canone ideale che è appunto idealizzato. E potremo addirittura commettere errori!

La maggior parte delle persone non agisce per la paura di sbagliare.

Puoi sbagliare, puoi procrastinare o ancora scegliere di guardare una puntata su Netflix senza che questo significhi non tenerci abbastanza.

Anzi spesso crolliamo proprio quando ci raccontiamo come poco motivati perché in un paio di occasioni “non avevamo voglia”.

La motivazione ha una componente intrinseca (che spinge da dentro) ed estrinseca (per un rinforzo esterno tipo un premio).
Ciò nonostante questo processo non è lineare e non è omogeneo.

La motivazione spara alto e poi cala: brucia in fretta come una miccia. Poi potrà sparare ancora e ancora ma affinché questo accada è necessaria un’altra dimensione: la disciplina.

Disciplinare quegli intervalli nei quali la motivazione cala e non giudicarsi negativamente per questo ci permetterà di passare da un intervallo all’altro.

Non c’è motivazione senza disciplina.
La motivazione è un moto oscillatorio che va su e giù.

Accettalo! E il tuo rapporto con la procrastinazione diverrà accettabile.

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La paura del giudizio

A chi non è capitato almeno una volta nella vita di temere il giudizio di un’altra persona, sia essa un genitore, un amico, un partner, un collega o qualcun altro?

La pressione del giudizio degli altri può arrivare ad essere davvero intensa e farci sentire schiacciati e in gabbia quasi come fossimo incapaci di reagire.

Se ci pensiamo un attimo, la nostra Società, fin da quando ognuno di noi era bambino ci ha educato ed abituato ad essere valutati con l’obiettivo di raggiungere un grado di sufficienza sia specifico (ad esempio in una disciplina scolastica) sia generalizzato (in termini di adeguatezza o inadeguatezza).

Ma possiamo dare la colpa unicamente al sistema educativo? Certo che no, infatti oltre a quel tipo di dinamiche dobbiamo ricordarci anche di tutte le volte che ci siamo sentiti adeguati o meno di fronte alla mamma o al papà (chi ha avuto la fortuna di averli entrambi) ed inoltre dobbiamo fare i conti con la capacità che abbiamo avuto nel nostro passato di instaurare relazioni affettive soddisfacenti che ci hanno fatto sentire più o meno adeguati.

Ecco che l’insieme di tutti questi fattori ha contribuito al grado di sicurezza o insicurezza che oggi ci appartiene (che ci piaccia o no).

Di fatto, alla base della paura del giudizio degli altri troviamo un’altra paura, più profonda: quella del rifiuto e della solitudine.

Guidati da questa potente paura può capitare che possiamo essere più o meno autentici per assecondare l’altro ed evitare quindi l’esposizione ad un conflitto altrimenti spaventoso poiché potrebbe portare alla chiusura di quello specifico rapporto e portare quindi alla solitudine.

Ecco che molti di noi (oserei dire tutti con livelli di gravità diversi), indossano delle maschere, un esempio riguarda la costruzione dell’identità digitale che va a tendere all’ideale del falso sé allontanandosi in realtà dall’essenza identitaria di ognuno.

Come posso vincere la paura del giudizio degli altri? Gli esercizi che suggerisco, ben consapevole che non costituiranno una soluzione ma un tampone, riguardano  l’allenamento della propria spontaneità, rendere più flessibili i valori che utilizziamo per sentirci adeguati, differenziare tra una critica manipolatoria e una costruttiva che può farci invece crescere. Qualora il senso di dolore della condizione di esposizione al giudizio fosse ingestibile ecco che un percorso di psicoterapia diventa un’arma molto efficace.